UMBERTO BOCCIONI (Reggio Calabria 1882 – Verona 1916)
Nato a Reggio Calabria nel 1882, nella sua giovinezza seguì il padre impiegato statale durante i suoi spostamenti, fino a stabilirsi nel 1899 a Roma da una zia per seguire la Scuola Libera di Nudo. In quegli anni fece la conoscenza di Gino Severini, suo coetaneo, e insieme frequentavano lo studio di Giacomo Balla, grande maestro di pittura, famoso in quegli anni per le sue ricerche sulle tecniche divisioniste. Dal 1903 al 1906 partecipò alle esposizioni della Società Amatori e Cultori, ma ben presto entrò in conflitto con la giuria, considerandola troppo arretrata e conservatrice rispetto agli slanci di modernità delle sue opere. Insieme all’amico di sempre Severini, organizzò quindi una sorta di “Mostra dei rifiutati” per cercare si sfuggire a quell’atmosfera chiusa e provinciale che Boccioni percepiva all’interno del panorama culturale romano. Per sfuggire a questo senso di oppressione il pittore compì numerosi viaggi per conoscere le altre esperienze internazionali: si recò in Russia e poi a Monaco per poi stabilirsi nuovamente in Italia, eleggendo a propria dimora la città di Milano, considerata all’epoca come una delle città più vivaci e aperte dell’intera penisola. Qui finalmente conobbe Marinetti e nel 1910 scrisse insieme a lui e a Carlo Carrà il “Manifesto dei pittori futuristi” e il “Manifesto tecnico della pittura futurista” sottoscritti anche da Severini e Balla. Boccioni divenne uno dei grandi sostenitori del movimento, organizzando esposizioni in tutta Europa e scrivendo personalmente il “Manifesto della scultura futurista” dove incluse l’utilizzo di materiali anticonvenzionali come il legno, il vetro, la carta e il metallo. Dal 1912 in occasione della prima esposizione futurista a Parigi presso la galleria Bernheim – Jeune, l’artista utilizzò per la prima volta il termine “dinamismo plastico” con il quale intendeva il suo studio sulla simultaneità delle azioni e il rapporto tra passato, presente e futuro: all’interno delle sue sculture e dei suoi quadri infatti egli fondeva più visioni restituendo come risultato l’immagine di movimenti conseguenti racchiusi in un unico fermo immagine. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale si arruolò come volontario nel Battaglione Lombardo Ciclisti e partì per il fronte insieme a Marinetti, Russolo, Sironi e Sant’Elia. In questi anni collaborò anche con numerose riviste come “Lacerba”, campeggiata da Ardengo Soffici e “Avvenimenti”. Il pittore scomparse prematuramente all’età di trentaquattro anni cadendo da cavallo, proprio nel culmine della rivoluzione pittorica che tanto aveva desiderato.