LUCIO FONTANA (Rosario de Santa Fè 1899 – Comabbio 1968)
Nato a Rosario de Santa Fé nel 1899, figlio di Luigi Fontana, sculture di Varese emigrato in Sudamerica nel 1891 e di Lucia Rosario Bottino, attrice di origine italiana. Cresciuto nell’impresa del padre, che curava dalla statuaria funebre alla ritrattistica, Fontana in giovane età si recò in Italia, venendo affidato alle cure di uno zio materno, per intraprendere gli studi. Dopo gli studi superiori si iscrisse alla sezione di architettura della Scuola Superiore di Arti applicate all’Industria del Castello Sforzesco di Milano. Nel 1916, con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, fu costretto ad interrompere gli studi fino al 1918. Due anni dopo morì di tubercolosi uno dei fratelli ed in seguito a questo triste episodio Fontana ritornò in Argentina per intraprendere un’attività di commercio di marmi italiani. Nel 1924 entra come socio nell’azienda del padre e nel 1925 esordì con una scultura al Salon de Bellas Artes di Rosario de Santa Fé. Tre anni dopo ritornò in Italia frequentando il primo anno dell’Accademia di Brera sotto la guida di Adolfo Wildt, diplomandosi nel 1930. Lo stesso anno partecipò alla Biennale di Venezia e nel 1931 tenne un’importante mostra personale presso la Galleria del Milione a Milano dove presentò una serie di sculture in gesso, bronzo e cemento pigmentato, tra cui l’opera intitolata “Uomo nero”. Tale scultura rappresentò un momento di profonda rottura e rigenerazione della ricerca di Fontana: la figura umana appena abbozzata inaugurò un periodo di sperimentazioni sia tecniche che figurative realizzando sculture di gesso e filo di ferro vicine all’astrattismo. Fu nel 1946, quando Fontana ormai era pienamente immerso nella vita culturale argentina, che venne pubblicato il “Manifesto Blanco” che però non sottoscrisse direttamente. Lo stesso anno cominciarono a far capolino nei titoli delle sue opere le parole “Concetto Spaziale” e l’anno dopo, trasferitosi nuovamente a Milano, redasse insieme a Giorgio Kaisserlian, Beniamilo Joppolo e Milena Milani il “Manifesto dello Spazialismo”. Nel 1949 realizzò un’opera profondamente simbolica “Ambiente spaziale e luce nera” appendendo al soffitto una serie di elementi fosforescenti su fondo nero e parallelamente cominciando a intervenire sulle tele con buchi realizzati con un punteruolo. Gli anni successivi furono di grande fermento visto il grande successo che riscuotevano le opere e la grande adesione che ebbe dagli altri artisti: Fontana allargò sempre di più la sua produzione includendovi neon, pietre, tagli, inchiostri e gessi, declinando il suo concetto spaziale in modi del tutto inattesi e originali