CARLO SCARPA (Venezia 1906 – Sendai 1978)

Nato a Venezia nel 1906, si diploma in architettura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia nel 1926. Lavorò fino al 1932 per la M.V.M. Cappellin, la quale fallì nel gennaio dello stesso anno. Successivamente, dal 1932 al 1947 prestò la sua opera presso la Venini, sotto l’egida di Paolo Venini, che conobbe il giovane Carlo grazie alla sua precedente esperienza. Qui egli approfondì la conoscenza del vetro attraverso i sapienti insegnamenti dei maestri vetrari, con i quali stabilì un rapporto di reciproca stima e considerazione. Soprattutto con il maestro Fei stringe un rapporto di particolare collaborazione, sperimentando l’utilizzo dei vari minerali con cui arricchire le paste vitree e trovare nuove fogge e lavorazioni. Tra le prime creazioni vi è la serie di vetri “a bollicine”, che vennero esposti alla XVIII Biennale di Venezia. Nel 1934 Carlo Scarpa diventa direttore artistico della Venini, avvicendandosi a Tomaso Buzzi. Nello stesso anno espone alla XIX Biennale una serie di vetri “sommersi”, e una serie di soffiati, in cui riprende la vecchia tecnica della “mezza filigrana”. Due anni più tardi espone ancora alla Biennale altre versioni di “sommersi” e altri esempi a “mezza filigrana”. In collaborazione con Paolo Venini invece venne ideò la serie delle “murrine romane”. Le creazioni di Carlo Scarpa spaziarono tra le tecniche più diverse, come i “lattimi”, i “soffiati”, i “corrosi”, gli “incisi”, i “battuti”, i “granulari”, i “laccati”, per citarne solo alcuni. Egli sperimentò tecniche di tale complessità che alcune delle sue creazioni vennero prodotte in un numero di esemplari talmente ridotto da essere considerati pezzi unici. L’esperienza di Carlo Scarpa alla Venini si conclude nel 1947, per poi ripresentarsi in futuro in altre due occasioni: nel 1961 con la progettazione del lampadario “a poliedri” per l’Expo Italia 61 di Torino e nel 1967 con il disegno di una vetrata assieme a Mario De Luigi per l’Esposizione mondiale di Montreal. La genialità dei suoi progetti si concretizzò anche nel restauro di importanti monumenti e nella realizzazione di dimore private, in cui Carlo Scarpa seppe fondere la sua maestria nell’uso dei materiali con l’impostazione razionalista delle sue creazioni. Tra le sue opere si ricordano, tra le altre, l’ampliamento della Gipsoteca Canoviana a Possagno (1956-57), il restauro del Museo di Castelvecchio a Verona (1964), villa Guarnieri al Lido di Venezia (1948), la Banca Popolare di Verona (1973-78), la cappella Brion a San Vito di Altivole (1970-75). Carlo Scarpa morì in Giappone, a Sendai, in una circostanza particolare, sempre legata alla sua attività di raffinato conoscitore e cultore dei materiali: nell’osservare la singolare foggia di uno scalino, inciampò nello stesso procurandosi la frattura del cranio per la conseguente caduta, circostanza che lo portò alla morte.