44 | Emilio Scanavino
1922 – 1986
ACRILICO 61, 1971
acrilico, matita grassa e inchiostro su cartone applicato in seguito su compensato, cm 47,2×60,3.
Firmato e datato in basso a destra: Scanavino 71
Provenienza
Firenze, Galleria Spagnoli;
Montecatini Terme, Galleria Giorgio Ghelfi;
Collezione privata.
Bibliografia
G. Graglia Scanavino, C. Pirovano, Scanavino. Catalogo generale, Volume primo, Electa, Milano 2000, n. 1971 249, p. 441 (ill. con la tecnica acrilico su cartone).
Opera accompagnata da dichiarazione di provenienza su fotografia della Galleria Giorgio Ghelfi.
L’opera è stata visionata ed è archiviata presso l’Archivio Emilio Scanavino, MIlano.
Stima € 5000 – 6000
“Rifiuto il gesto – mi disse un giorno, alcuni anni fa – il gesto di Kline è ancora quello di chi scrive sui muri. Il gesto è troppo naturale. Preferisco graffiare la tela. E’ come se mi aggrappassi con le unghie ad un vetro.”
Le impronte di Hiroshima. Una spoglia disseccata dal vento. Lo scheletro fossile. L’insetto schiacciato tra le pagine di un libro. Il tipico ideogramma di Scanavino
è costituito da alcuni lunghi tratti verticali legati tra loro da una serie di segmenti orizzontali. Quasi sempre è una linea continua che torna e ritorna, si aggroviglia, si spezza. I frammenti rimangono sollevati come aculei. Ritorna sovente nei suoi quadri l’ideogramma della “mano”. Gli ideogrammi di Scanavino hanno dei segni calligrafici l’oggettività e l’immutabilità nel tempo (pur attraverso le loro continue mutazioni) e l’inimitabile inflessione personale. Metterei però l’accento sulla loro oggettività, che li rende intellegibili, pur se misteriosi. (anche le antiche scritture ancora indecifrate sono tutte, in un certo senso, intellegibili). Tendini, corde. Gabbie di ferro, ma anche scheletri.
Immagini del prigioniero ed insieme della prigione
che lo rinchiude (i simboli sono polivalenti). Inferriate, trappole, tagliole, reti, graticole. Carceri. Loculi in un cimitero. Segni cancellati dalle piogge, dal vento. Distrutti dal fuoco. (“in pittura, come in scultura, bisogna imparare a togliere, a levare, a cancellare”). Un mondo di relitti carbonizzati, coperti di cenere. Tutti i quadri di Scanavino sono un’immagine del dolore e della solitudine; un’immagine sconsolata della condizione umana; o, meglio, il ricordo di quella che fu la condizione umana. “Vivemmo: e qual di paurosa larva, / E di sudato sogno, / Allattante fanciullo erra nell’alma / Confusa ricordanza: / Tal memoria n’avanza / Del viver nostro: ma da tema
è lunge / Il rimembrar. Che fummo? / Che fu quel punto acerbo / Che di vita ebbe nome?”. (cfr. R. Guasco in Emilio Scanavino, 598a Mostra del Cavallino, dal 12 al 22 settembre 1964, Venezia 1964, s.n.p.).